Milano calibro 9 (1972)

                                               Il più grande noir italiano di tutti i tempi

                                                             (Quentin Tarantino)

Film del 1972 scritto e diretto da Fernando Di Leo, Milano calibro 9 costituisce il primo capitolo della cosiddetta trilogia del milieu del regista composta, oltre che da questa, da altre due pellicole riconducibili anch’esse al genere noir-poliziottesco: La mala ordina (1972) e Il boss (1973). Il titolo del film deriva invece da quello di un’antologia di racconti di Giorgio Scerbanenco, con il racconto Stazione centrale ammazzare che ha fornito al regista l’idea del pacco bomba e degli scambi dei pacchi, e Vietato essere felici e La vendetta è il miglior perdono che ha ispirato a Di Leo il personaggio di Ugo Piazza, interpretato da Gastone Moschin.

A far da sfondo all’intera vicenda è la Milano degli anni Settanta: qui il malavitoso Rocco Musco (Mario Adorf) e un suo compare, sorvegliano una spedizione clandestina di dollari giunta nella città lombarda grazie ad alcuni corrieri. Tuttavia il plico, nel suo percorso in metropolitana tra Piazza del Duomo e altre zone della città, all’improvviso scompare misteriosamente: lo scambio tra i vari corrieri, infatti, ad un certo punto porta alla sua sostituzione con altri plichi vuoti. A questo punto Musco e il suo compare, responsabili finali della consegna, interrogano gli ignari corrieri che non riuscendo a fornire spiegazioni idonee, vengono prima malmenati e poi brutalmente uccisi.

Trascorrono tre anni e uno dei corrieri, Ugo Piazza (Gastone Moschin) esce dal carcere milanese di San Vittore dove era stato condotto dopo l’arresto per rapina, arresto che gli aveva evitato la vendetta di Musco. Ad attenderlo all’uscita c’è proprio Musco insieme ai suoi scagnozzi incaricati dall’Americano (Lionel Stander), un boss mafioso convinto che a far sparire i soldi sia stato Piazza, di avvicinarlo e “pressarlo” per spingerlo a confessare dove sono i dollari. Tuttavia Piazza nega ogni addebito e, dopo essere stato derubato e picchiato, si reca al commissariato di polizia, nonostante Rocco gli consigli di andare dall’Americano per chiarirsi direttamente con lui. Giunto alla stazione di polizia, Piazza dichiara di essere stato picchiato e derubato, poi richiede un duplicato dei documenti, ma deve scontrarsi con un esperto commissario (Frank Wolff) che, intuito cosa sia accaduto, inizia a sospettare che sia Piazza ad aver rubato i soldi al boss mafioso. Chiede così al Piazza di collaborare, ma lui si rifiuta. Dopo aver subito un’altra visita da parte degli scagnozzi del boss, Ugo si decide a far visita all’Americano il quale lo invita a confessare per evitare così la sua vendetta, ma lui continua a negare, rifiutando anche di tornare a lavorare per lui. Successivamente si reca a un night club dove lavora la ballerina Nelly Bordon (Barbara Bouchet) un tempo sua amante; passata la notte con lei, le confida di non essere stato lui a prendere il denaro e di essere intenzionato a dimostrare la propria estraneità al furto così da poter vivere nuovamente libero, senza la minaccia della vendetta prospettatagli dall’Americano.

Nei giorni successivi scompare un’altra enorme spedizione di denaro; uno dei corrieri viene ucciso da un uomo con la giacca rossa che poi fugge con i soldi. L’Americano, convinto che il responsabile sia Chino (Philippe Leroy), decide di farlo eliminare da Rocco; ma l’attentato, grazie all’intervento di Piazza, non riesce, Chino fugge ma tuttavia Don Vincenzo (Ivo Garrani) viene colpito mortalmente. Ugo, nuovamente picchiato dagli uomini di Rocco, non solo riesce a convincere il boss mafioso di essere estraneo al furto, ma anche a farlo dubitare dei suoi uomini. Intanto Chino, desideroso di vendicare la morte di Don Vincenzo, si reca alla villa dell’Americano e, aiutato da Ugo, ottiene la propria vendetta ma rimane ucciso. Ugo, rimasto libero dal suo rivale, si reca in una diroccata casa di campagna a prelevare i 300mila dollari rubati tre anni prima ma sulla via del ritorno verso Milano è bloccato dalla polizia e condotto in commissariato. Tuttavia viene scagionato da ogni sospetto circa la sua presenza nella villa al momento della strage e così si reca da Nelly per chiederle di fuggire con lui a Beirut. Ma giunge Luca (Salvatore Aricò) che si rivela essere il misterioso uomo con la giacca rossa; nasce una colluttazione tra i due con Ugo che, raggiunto mortalmente da un colpo di pistola, riesce comunque a sferrare un pugno a Nelly prima di cadere a terra. Subito dopo giunge sul posto Rocco che, visto Ugo a terra vilmente colpito alle spalle, si scaglia contro Luca e afferratogli la testa, lo sbatte più volte al muro sino ad ucciderlo, prima che giunga la polizia che lo arresta.

Pur, come visto in apertura, avendo ripreso dai racconti di Scerbanenco alcuni spunti, il film di Di Leo è sostanzialmente “indipendente” dall’opera dello scrittore, con il regista e sceneggiatore che inventa autonomamente sia la vicenda qui narrata che i personaggi. Ne deriva una pellicola che può di diritto considerarsi il vertice più alto raggiunto dal noir nostrano, di cui Di Leo è senza dubbio il re incontrastato. Ottima la sceneggiatura, con un finale, anzi più finali, a sorpresa, e la colonna sonora firmata da Luis Bacalov. Ritmo altissimo, senza fronzoli e diretto come la vicenda richiede. Cast impeccabile, d’altronde attori del calibro di Moschin, Wolff, e Adorf, solo per citarne alcuni, sono garanzia di qualità, e dialoghi resi al meglio dalla preparazione degli interpreti. Da segnalare come Milano calibro 9 rappresenti per Moschin la prima interpretazione completamente “seria”, un esame superato a pieni voti per l’attore veneto, con il suo Ugo Piazza che coniuga ad una freddezza di fondo anche una certa dose di umanità. Poi Mario Adorf, gigante del cinema anni Settanta e non solo, grandioso nelle vesti di Rocco, al punto che Di Leo lo “promuoverà” protagonista nel suo successivo La mala ordina. Efficace anche Frank Wolff, qui in una delle sue ultime apparizioni prima del tragico suicidio del dicembre 1971, nei panni del commissario e, in ultimo, non sfigurano i ruoli “minori” di Philippe Leroy e Barbara Bouchet.

Milano calibro 9 (1972); Regia: Fernando Di Leo; cast:

  • Gastone Moschin

  • Barbara Bouchet

  • Mario Adorf

  • Frank Wolff

  • Luigi Pistilli

  • Ivo Garrani

  • Philippe Leroy

  • Lionel Stander

  • Salvatore Aricò

  • Mario Novelli

Giovanni Fenu

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